Torniamo a palare nuovamente della crisi di mercato che sta colpendo Xiaomi e per la quale Lui Jun adesso ha lasciato tutto il resto delle proprie attività per concentrarsi solamente sul colosso cinese. Era il Natale del 2014 quando Xiaomi annunciò una serie di investimenti pari a 1,1 miliardi di dollari, arrivando ad una valutazione complessiva di circa 45 miliardi. A distanza di circa un anno e mezzo, tale valutazione è di 4 miliardi. Xiaomi quindi ha bruciato la bellezza di 40 miliardi di dollari. Ma come è stato possibile?
A darci una mano in quest’analisi ci pensa Yuri Milner, il quale è un investitore di Xiaomi che si è fidato sia delle previsioni di crescita che del suo fiuto per gli affari. Egli infatti è diventato miliardario investendo sia in Facebook che in Alibaba prima che fossero quotate in borsa.
Il signor Milner aveva previsto una crescita che permettesse a Xiaomi di arrivare addirittura ad una valutazione di 100 miliardi di dollari. Tuttavia, col passare del tempo ha dovuto ricredersi e, vedendo i numeri, alla grande.
Il principale motivo dell’implosione del produttore sarebbe da andare a ritrovarsi esattamente nello stesso posto in cui troviamo il motivo della sua rapida crescita. Produrre smartphone di qualità alta a prezzi relativamente bassi e quindi sacrificare le entrate per accrescere il proprio marchio è stata una politica al limite del sostenibile per Xiaomi e per i suoi investitori.
Il “colpo di grazia” è stato dato dalle altre aziende che, copiando questo stesso modello, hanno incrementato di molto la concorrenza. Inoltre, avendo alcune di essere una sezione R&D di maggior valore, sono riusciti ad innovare i loro smartphone in maniera migliore rispetto a Xiaomi. Da ciò è derivato il calo drastico delle vendite che abbiamo analizzato un paio di giorni fa.
Purtroppo le nuove previsioni a breve termine non sono rosee visto che indicano un’ulteriore perdita del 10-20%, arrivando ad una valutazione di circa 3,6 miliardi. A questo punto sono in molti a considerare Xiaomi non più la “Apple cinese” ma la “BlacjBerry cinese”.
Molto probabilmente questa implosione ha costretto la dirigenza ad accelerare i piani per l’arrivo nel mercato statunitense, il quale dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno.