Forse non tutti sanno che, nonostante sono moltissime le aziende che producono smartphone nel mondo, la maggior parte di essa deve pagare delle royalties per poter utilizzare dei brevetti fondamentali (questo avviene anche per i chipmaker). Ebbene, nelle scorse ore abbiamo scoperto che ben 5 anni dopo, Xiaomi ed Ericsson hanno fatto la pace su di una causa pendente di violazione di brevetti.
Il contenzioso sui brevetti di Ericsson e Xiaomi risale al 2014. Ericsson ha intentato causa il 5 dicembre 2014, perseguendo Xiaomi per violazione. L’8 dicembre dello stesso anno, l’Alta corte di Delhi in India ha stabilito che Xiaomi ha violato gli otto brevetti essenziali standard di Ericsson e ha emesso un divieto di pre-vendita. Successivamente, la corte indiana di Delhi ha concesso a Xiaomi una “licenza temporanea” per continuare a vendere uno smartphone basato su SoC Qualcomm, il Redmi 1S. Xiaomi ha pre-pagato 100 rupie ($ 1,41) per dispositivo per il deposito giudiziario.
Nel dicembre 2015, Ericsson ha ribadito il suo atteggiamento duro nei confronti della causa contro Xiaomi, affermando che “questa causa è ancora in corso e la posizione di Ericsson rimane invariata. Xiaomi, come altri produttori di smartphone globali, ha bisogno della nostra autorizzazione per utilizzare i nostri brevetti.”
Purtroppo non sappiamo in che modo la disputa si è conclusa, dal momento che gli accordi fra le due aziende sono rimasti segreti.
Quella volta molti esperti hanno sottolineato che la causa con Ericsson è solo una parte di un problema più grande per Xiaomi. La società è in ritardo rispetto ad altri grandi produttori del settore per la sua mancanza di brevetti. Nel 2014, la società ha richiesto 2.318 brevetti che, pur essendo un numero rispettevole, è molto basso rispetto a Samsung che ha depositato 11.877 brevetti nella sola Cina.
Ciò significa che per poter sviluppare uno smartphone, il costo relativo alle royalties è superiore rispetto a quello che hanno le altre aziende. Nonostante ciò però, Xiaomi ha dimostrato di saper fare del rapporto qualità prezzo il suo cavallo di battaglia, limitando il suo profitto a meno del 5%.