Nonostante Xiaomi sia stata fra le principali aziende al mondo nell’essere vicini non solo ai propri “utenti normali” ma anche a quelli più smanettoni che amano il modding, sembra che negli ultimi tempi abbia fatto un passo indietro per questi ultimi.
A differenza del passato e tranne per gli smartphone che fanno parte del programma Android One (Xiaomi Mi A1, Mi A2 e Mi A2 Lite), non è possibile sbloccare il bootloader con il classico comando fastboot. Invece, è necessario utilizzare il software specifico per Windows Mi Unlock che, seppur abbastanza semplice, richiede un’attesa che sembra si stia prolungando sempre più.
Di fatto, se in passato erano necessarie poche ore, si è passati poi a un paio di giorni fino ad arrivare a 15 giorni. Stando ad alcune segnalazioni in rete, in alcuni casi addirittura a 1440 ore, un tempo decisamente lungo che non riusciamo a spiegarci.
L’unica possibile spiegazione è la volontà di Xiaomi di mantenere più lontani possibile gli utenti dal modding e dall’installazione di Custom ROM che inevitabilmente andrebbero a sostituire la MIUI ROM. Sappiamo che un sondaggio di qualche mese fa ha in un certo senso decretato che molti Mi Fans preferiscono una ROM stock in stole Android One.
Tra l’altro i tratta di una strategia del tutto differente rispetto a quanto adottato con lo Xiaomi Poco F1. Tale smartphone infatti, sin dalle prime ore nel mercato, è stato supportato da uno sblocco del bootlader abbastanza semplice e dalla pubblicazione dei sorgenti kernel estremamente utili per la compilazione di ROM Custom.
Al momento Xiaomi non ha rilasciato alcun commento su questa vicenda e non sappiamo nemmeno se lo farà. Ad ogni modo, prima di lasciarvi vi vogliamo ricordare che, esattamente come Apple in Cina, Xiaomi è stata costretta a migrare i dati degli utenti indiani su server presenti fisicamente in India.