Xiaomi India è stata recentemente accusata dall’ED (Enforcement Directorate) indiano di evasione fiscale “derivante da trasferimenti di denaro all’estero“. La multa stabilita dall’ente si aggira intorno ai 688 milioni di euro (al cambio), per cui si tratta di una questione molto seria.
A distanza di alcuni giorni dall’accusa, Xiaomi ha fornito un comunicato ufficiale sulla questione dichiarando che le proprie operazioni in India sono del tutto conformi alle leggi di regolamentazione presenti nel Paese.
In qualità di brand presente nel mercato indiano, tutte le nostre operazioni sono fermamente conformi alle leggi e ai regolamenti locali.
Abbiamo studiato attentamente l’ordine proveniente dalle autorità governative. Crediamo che i nostri pagamenti di royalty e le dichiarazioni alla banca siano tutti legittimi e veritieri. I pagamenti di royalty che Xiaomi India ha effettuato riguardavano le tecnologie concesse in licenza e i diritti di proprietà intellettuale utilizzati nei nostri prodotti in versione indiana. È un accordo commerciale legittimo per Xiaomi India fare tali pagamenti di royalty.
Ad ogni modo, ci impegniamo a lavorare a stretto contatto con le autorità governative per chiarire qualsiasi malinteso.
Al momento non sappiamo come andrà a concludersi la vicenda, con il ricorso in appello di Xiaomi che senza dubbio non si farà attendere.
Parlando in maniera generale, è innegabile il fatto che le multinazionali abbiano cercato da molti anni di affidarsi ai cavilli burocratici per cercare di aggirare le leggi nel tentativo di pagare quanto meno tasse possibile. Soprattutto per le aziende quotate in borsa che devono rispondere dei loro numeri agli azionisti che hanno investito.