Da quando Huawei ha abbandonato il mondo Android e Google sviluppando il proprio ecosistema HarmonyOS, il numero di dispositivi dotati di questo nuovo sistema operativo è salito alle stelle. Nelle scorse ore abbiamo appreso che in circa un mese dal lancio sono disponibili 25 milioni di dispositivi con HarmonyOS. L’idea di Huawei è quello di utilizzarlo non solo sui propri prodotti ma anche di proporlo ad aziende di terze parti. Ebbene, seppur entrambe cinesi, Xiaomi non vorrà mai utilizzare HarmonyOS, almeno per i dispositivi venduti in Europa.
Forse non tutti sanno infatti che Google, quando concede la licenza di utilizzare i Google Mobile Services (GMS) alle aziende, impone alcune condizioni, fra cui la pre-installazione di alcune applicazioni Google (YouTube, Maps e Ricerca ad esempio) e l’obbligo di non commercializzare altri smartphone con versioni fork di Android o con altri sistemi operativi.
Questi obblighi hanno chiaramente uno scopo anti concorrenziale nei confronti di altri fornitori di servizi mobile e sono fra i perché Samsung, grande fautore di TizenOS per le proprie Smart TV e i propri smartwatch (per questi ultimi ormai ci sarà solo Wear OS), non ha mai commercializzato alcuno smartphone con tale sistema operativo.
Nel caso di Xiaomi quindi, se vuole continuare ad offrire l’accesso ai Google Mobile Services sui propri smartphone, non può prendere accordi commerciali con altre aziende fornitori di sistemi operativi o ecosistemi mobile: ciò lascia fuori Huawei e il suo progetto di HarmonyOS.
Di contro, Google non ha più nessun potere su quali motori di ricerca un produttore deve utilizzare di default su propri smartphone, visto che i produttori di dispositivi mobili sono in grado di costruire e vendere dispositivi Android destinati allo Spazio Economico Europeo (SEE) sia con che senza Google come default, cosa che gli stessi contratti di “compatibilità” di Google impedivano loro di fare prima del 2018, quando era strettamente richiesto.