Nel corso degli ultimi mesi Xiaomi è finita in mezzo a una bufera governativa in diversi mercati del mondo in quanto, indagini di istituti di sicurezza di Lituania prima e di Taiwan dopo, hanno scoperto dei file nella MIUI ROM degli smartphone in grado di censurare e spiare nella privacy gli utenti. Queste accuse tuttavia si contrappone un’indagine simile condotta dal BSI (Bundesamt für Sicherheit in der Informationstechnik), il watchdog federale tedesco per la sicurezza informatica, che ha riferito di come non abbia trovato evidenze di sorveglianza o censura.
Xiaomi ha accolto con ottimismo quest’indagine tedesca e, dopo aver risposto prontamente alle accuse della Lituania (stranamente non è stata rilasciata alcuna risposta alle accuse di Taiwan), il colosso cinese ha risposto anche riguardo le indagini portate avanti dalla Germania.
Xiaomi Corporation ha ricevuto la comunicazione dall’Ufficio federale tedesco per la sicurezza delle informazioni (BSI) il 13 gennaio in cui ha concluso di non poter identificare alcuna anomalia che richiederebbe ulteriori indagini o altre misure. In particolare, la BSI non è stata in grado di rilevare alcun trasferimento di elenchi di filtri come descritto nella relazione originale.
In risposta a ciò, il portavoce di Xiaomi ha dichiarato: “Xiaomi è lieta che i risultati dell’indagine condotta dall’Ufficio federale tedesco per la sicurezza delle informazioni (BSI) pubblicati in questi giorni confermino il nostro impegno a operare in modo trasparente, responsabile e con la privacy e la sicurezza dei nostri clienti come una priorità assoluta“. Xiaomi ha poi continuato affermando che “[L’indagine] ha dimostrato che aderiamo a tutte le leggi sulla privacy e alla sicurezza dei dati dell’UE e nazionali, nonché a tutti gli standard dell’UE applicabili per i dispositivi. Accogliamo con favore lo scambio con utenti, autorità di regolamentazione e altre parti interessate come BSI mentre ci impegniamo per il miglioramento e l’innovazione costanti“.