Che Xiaomi abbia un mercato fiorente in Russia lo sapevamo ma, secondo l’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione (NACP), con il suo operato sta attivamente supportando la guerra in Ucraina. Oltre a non aver abbandonato il mercato come altri produttori, Xiaomi sarebbe diventata “leader nelle vendite di smartphone nello Stato terrorista“.
Inizialmente Xiaomi aveva ridotto silenziosamente la fornitura di smartphone agli utenti in Russia. Tuttavia, sembra che di recente le vendite siano addirittura aumentate. L’accusa è molto grave e supporta questa tesi attraverso una serie di numeri legati alle vendite in aumento nel mercato russo:
Secondo i dati ufficiali, nel 2021 la divisione russa di Xiaomi ha incassato 202 milioni di dollari. Si tratta di fondi enormi, dai quali vengono pagate tasse altrettanto elevate. Quindi con queste tasse viene sostenuto l’esercito russo che oggi sta uccidendo gli ucraini.
Inoltre, Xiaomi sta ora riprendendo attivamente le assunzioni per i suoi uffici russi e ha annunciato l’inizio ufficiale delle vendite degli smartphone top gamma, il che indica l’intenzione dell’azienda di ripristinare una presenza a tutti gli effetti in Russia. Sì, Xiaomi Corporation sta sponsorizzando l’aggressione militare di uno stato terrorista e deve sopportare le conseguenze sia reputazionali che legali delle sue azioni.
La risposta ufficiale di Xiaomi
Chiaramente la risposta di Xiaomi non si è fatta attendere. E, come era facile immaginare, si è dichiarata del tutto innocente. L’azienda ha indicato che il proprio operato in Russia è legato solamente al mercato consumer e che non supporta in alcun modo lo sforzo bellico della nazione.
Siamo fortemente contrari all’accusa da parte della Ukrainian National Agency on Corruption Prevention (NACP) di essere “sponsor internazionale della guerra”. Non sosteniamo alcuna azione militare. Abbracciamo pienamente la pace nel mondo. La nostra missione è permettere a tutti nel mondo di godere di una vita migliore tramite tecnologie innovative.
Dove sta la verità? Non siamo analisti geopolitici e non abbiamo i dati per trovarla. Certo è che l’accusa rimane ed è piuttosto grave.