Nonostante Xiaomi sia un’azienda incredibilmente popolare per la vendita di smartphone in quasi tutto il mondo (gli USA rimangono ancora un miraggio), il co-fondatore e CEO Lei Jun ha sempre sostenuto che la sua è “un’azienda di servizi” molto più simile a Google e Facebook che ad Apple.
Queste affermazioni possono anche essere vere se ci si riferisce al mercato cinese e indiano, dove Xiaomi ha investito pesantemente nel suo ecosistema software con servizi specifici. Per quanto riguarda i mercati europei invece, tali servizi sono arrivati col contagocce.
L’esempio più lampante è Mi Pay, servizio di pagamenti contactless basato sul SE (Secure Element) presente a bordo dei suoi smartphone (e da poco anche per quelli che non hanno NFC) disponibile solo in Cina e in India.
Xiaomi punta talmente tanto su Mi Pay che ha siglato anche una speciale collaborazione con Mastercard per espanderlo in alcuni mercati europei ma non in quelli principali (Spagna, Francia, Germania e Italia). Questo nonostante gli smartphone Xiaomi dotati di NFC che vengono venduti in Italia siano predisposti a supportarlo vista la presenza del chip SE.
Altro esempio molto importante è XiaoAI, ovvero l’assistente digitale che ha conquistato una buona quota di mercato in Cina. In questo caso la spiegazione potrebbe essere abbastanza semplice: nè Amazon nè Google hanno una forte presenza in Cina, motivo per cui c’è spazio per assistenti vocali diversi da Alexa e Google Assistant di emergere e prosperare.
Altro grande servizio assente del tutto in Italia è la piattaforma di crowsourcing Youpin (in Europa per specifici prodotti si appoggia a Indiegogo). L’azienda ha investito 4 miliardi di dollari nel suo ecosistema di partner cinesi e ha anche dichiarato l’obiettivo di investire un altro miliardo di dollari in partnership simili con 100 startup in India, il suo più grande mercato al di fuori della Cina. Tuttavia l’Europa non è presente in questa lista.
L’unico vero servizio Xiaomi disponibile in Italia è Mi Cloud, grazie al quale eseguire il backup degli smartphone ed archiviare i propri dati. Un po’ poco per un’azienda che si proclama “services-first” ma che, nella realtà dei fatti, in Europa ricava molto di più dall’hardware che dai servizi.