Sappiamo già che Xiaomi è molto interessata nella tecnologia della Blockchain (la stessa sulla quale si basano le cripto monete), dal momento che ha già creato la sua versione personale di Tamagotchi chiamati CryptoRabbits. Tuttavia, il suo interesse nella tecnologia della Blockchain potrebbe sfociare anche nel mondo degli smartphone.
A gennaio, Sugar, produttore cinese di smartphone relativamente sconosciuto, annunciò lo Sugar S11 Blockchain Creation Edition. È un telefono sviluppato per estrarre e immagazzinare la criptovaluta di Ethereum Fog. Si dice anche che Huawei stia progettando un telefono blockchain in collaborazione con Sirin Labs.
Al duetto potrebbe unirsi anche Xiaomi. L’azienda ha la sua mano nella nuova tendenza ma in un modo diverso. Come detto in precedenza, uno degli spin-off più interessanti della tecnologia sono i criptopodi. Questi sono animali domestici virtuali simili a Tamagotchi ma basati su blockchain. Gli animali domestici possono essere acquistati, puliti e scambiati.
Se il successo dei CryptoRabbits raggiungesse un certo livello, Xiaomi potrebbe accompagnarli con la realizzazione di uno smartphone pensato esclusivamente per essi. In pratica, un dispositivo da gaming basato sulla tecnologia della Blockchain e della sicurezza della crittografia.
Le cripto monete sono solo la punta dell’iceberg
Al contrario, Huawei avrebbe un pensiero più tradizionale per quanto riguarda il suo smartphone basato sulla Blockchain. Fonti anonime dicono che Huawei è in trattative con Sirin per concedere in licenza il sistema operativo di quest’ultimo, SIRIN OS, al fine di eseguire applicazioni basate sulla Blockchain insieme a quelle sviluppate per Android. Entrambe le parti stanno ancora discutendo e nulla è dato per scontato poiché nessun accordo è stato firmato.
Insomma, quello che appare certo è che l’iniziale implementazione della tecnologia della Blockchain nelle cripto monete è solo la punta dell’iceberg. In molto credono che questa tecnologia farà in modo che l’intera rete internet si evolva, proiettandosi verso una sorta di “web 3.0” che abbraccerebbe ogni sorta di applicazione pratica.