Nell’accusa di manipolazione delle informazioni degli Stati Uniti alla Cina, rientra anche la presunta censura di Xiaomi

Da Lorenzo Spada

Secondo gli Stati Uniti, la vasta campagna della Cina volta a modellare la percezione globale attraverso l’influenza, la censura e la disinformazione ha sollevato preoccupazioni sulla minaccia che rappresenta per le libertà globali. Fra queste preoccupazioni rientra anche Xiaomi e la sua presunta censura su l proprio browser web preinstallato.

Il portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che Pechino ha investito miliardi di dollari nella costruzione di un ecosistema informativo globale che promuova la sua propaganda, faciliti la censura e diffonda disinformazione. Il rapporto del Global Engagement Center ha evidenziato l’uso da parte di Pechino di metodi ingannevoli e coercitivi per influenzare l’ambiente informativo internazionale a proprio vantaggio.

La Cina ha intensificato le sue campagne di influenza su piattaforme di social media come X (ex Twitter) e YouTube, concentrandosi su questioni controverse come lo Xinjiang, il Mar Cinese Meridionale e Taiwan. Inoltre, i media statali cinesi hanno stabilito partenariati editoriali con i media tradizionali e online in tutto il mondo, talvolta acquisendone persino il controllo.

Il rapporto statunitense ha identificato cinque elementi principali della strategia mediatica globale della Cina: sfruttare la propaganda e la censura, promuovere l’autoritarismo digitale, sfruttare organizzazioni e partenariati internazionali, impiegare cooptazione e pressione ed esercitare il controllo sui media in lingua cinese.

Taiwan, un’isola autogovernata rivendicata da Pechino, è da tempo in prima linea nella guerra mediatica cinese. Il ministro degli Esteri Joseph Wu ha sottolineato gli sforzi della Cina per modellare la narrativa sull’Ucraina a Taiwan, spingendo le narrazioni russe che minano la fiducia negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato ha rivelato che quasi 100 influencer diffondono messaggi ufficiali cinesi in oltre due dozzine di lingue su più piattaforme di social media, raggiungendo un pubblico di oltre 11 milioni di persone.

I tentativi della Cina di plasmare la narrativa globale vanno oltre l’influenza online. Il Dipartimento di Stato ha menzionato oltre 1.000 account online pro-Pechino che hanno tentato di nascondere un rapporto di Safeguard Defenders, esponendo il funzionamento della Cina di sospette stazioni di polizia all’estero.

Gli sforzi della Cina per dare forma alla narrativa si estendono anche all’hardware tecnologico, con segnalazioni di smartphone Xiaomi con la capacità predefinita di censurare le parole. Allo stesso modo, viene indicata la segnalazione di app di comunicazioni “libere” (Telegram ad esempio) come non sicure nel proprio app store. Lo spazio online rigorosamente controllato della Cina censura i contenuti sensibili, rimuovendo parole, frasi e immagini ritenute non idonee.

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