I principi base dell’economia moderna indicano che basare tutta la propria catena di approvvigionamento in un’unica azienda è piuttosto rischioso ma, purtroppo, è quello che è accaduto nel corso degli scorsi anni per quanto riguarda la produzione di chip (e per alcune aziende anche lo sviluppo). Con la pandemia che ha colpito duro e un aumento drastico delle richieste, molte aziende sono finite dietro in coda a favore di altre. Xiaomi si tratta nella brutta situazione di essere un’azienda che non solo non sviluppa i propri chip (se non per qualche eccezione rara) ma si rifornisce per lo più da un’azienda che ha una sola fab di riferimento (Qualcomm e TSMC).
Non è un segreto che il problema della creazione di chip mobili risieda sulla necessità di ottenere i brevetti necessari. Si può fare a meno della produzione vera propria dei chipset e rivolgersi a un’azienda terza per la loro produzione. Xiaomi non ha esperienza, quindi dovrà acquisire ingegneri e professionisti che saranno impegnati nella progettazione di processori. Sono problemi risolvibili con fondi sufficienti e l’azienda ha già iniziato a cercare personale.
Dalla Cina è arrivato un messaggio che Xiaomi intende riorganizzare il team di specialisti che lavorano sui chip mobili. È attivamente alla ricerca di professionisti che contribuiscano a realizzare i suoi piani e metterla alla pari con altri concorrenti Parallelamente, la società sta negoziando con altre società per la concessione di licenze di brevetti cruciali allo sviluppo.
Non è noto quanto presto tutti questi passi daranno i loro frutti. Si dice che Xiaomi abbandonerà la sua politica di entrare attivamente e aggressivamente nel mercato dei chip mobili, con le sue azioni che saranno attente e ponderate. Si dice anche che inizierà il rilascio di chip che troveranno la loro applicazione nel mercato dei piccoli dispositivi dell’IoT.