Xiaomi non viola nessuna legge taiwanese sulla privacy

Da Lorenzo Spada

Qualche giorno fa, la National Communications Commission di Taiwan si è espressa in merito alle accuse e all’inchiesta mosse nei confronti di Xiaomi e di altri 11 produttori per quanto riguarda il presunto invio di dati sensibili degli utenti verso server cinesi. Secondo il verdetto, nessuna azienda, fra quelle indagate (Samsung, Apple, LG, Sony, Huawei, ZTE, HTC, Asustek, Far EasTone, Taiwan Mobile, InFocus e Xiaomi), viola alcuna legge di Taiwan.

Ricordiamo che l’inchiesta è partita lo scorso Settembre ed ha avuto il suo culmine quando alcuni esemplari di Xiaomi Redmi Note sono stati scoperti inviare dati personali, come foto e messaggi, verso server cinesi, senza l’espressa autorizzazione dell’utente. A tal proposito, vi invitiamo a visionare il nostro articolo dedicato, con la risposta di Hugo Barra, VP di Xiaomi, a queste accuse.

Il VP della National Communications Commission di Taiwan ha voluto chiarire una volta per tutte la questione, chiedendo maggiore rigorosità e maggiore chiarezza a tutti i produttori:

Il punto chiave è che le compagnie devono comunicare al consumatore se stanno raccogliendo i suoi dati personali o li stanno trasferendo altrove. La nostra legge è piuttosto rigida.

Nonostante le indagini non hanno portato a nulla, si prevede che la National Communications Commission di Taiwan possa richiedere maggiori garanzie a tutti i produttori di smartphone.

Xiaomi ha già incominciato a seguire una politica più rigorosa, grazie anche ad una maggiore trasparenza ed allo spostamento, di parte dei propri server, in territorio statunitense (in California per la precisione).

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