Xiaomi è fra le aziende cinesi che stanno riducendo la propria presenza in Russia senza tuttavia sbandierarlo ai quattro venti.
La guerra in Ucraina ha spinto molte aziende a sospendere le proprie operazioni in Russia. La maggior parte delle grazie multinazionali occidentali hanno dichiarato a gran voce la propria uscita dal mercato russo o comunque la sospensione temporanea del proprio business. La stessa cosa però non si può dire delle aziende cinesi.
Il Governo cinese non ha condannato a gran voce la Russia per aver invaso con le forze militari i territori ucraini di Donetsk e Luhansk, preferendo tenere un profilo basso e rimanendo in mezzo fra la Russia che è uno dei fornitori strategici di gas nel paese e l’Occidente che rappresenta il principale mercato di export.
Dalla silenziosità del Governo cinese sono state coinvolte anche Lenovo e Xiaomi: di fatto, queste aziende hanno ridotto la loro presenza in Russia diminuendo drasticamente la fornitura di notebook, smartphone e apparecchiature di rete.
Questo lo si apprende non tanto dai dati finanziari delle aziende coinvolte quanto dai dati commerciali diramati dal governo di Pechino e dalle fonti consultate dal Wall Street Journal: la spedizione di laptop è calata di oltre il 40%, gli smartphone di quasi il 65% (nel mercato russo Xiaomi era leader) e le esportazioni di apparecchiature per le telecomunicazioni ha registrato un crollo del 98%.
Ricordiamo che l’unica eccezione alla silenziosità delle aziende cinesi sull’operato in Russia è stata quella di DJI che ha ammesso pubblicamente di aver sospeso la vendita dei propri droni in Russia in quanto non vuole il proprio brand associato alla guerra.